sabato 7 giugno 2025

Niente di nuovo


Era verde il silenzio, bagnata la luce, tremava il mese di giugno come farfalla. (Pablo Neruda)


È passato un altro mese e ho sempre più l’impressione che il tempo mi scivoli dalle mani, paradossalmente un motivo che mi costringe a misurare il tempo che passa inesorabile e convulso é anche questo blog, quando mi accorgo che non ho scritto nulla e sono passati parecchi giorni dall’ultimo post. Lo so non è una gara e non è indispensabile, ma questo blog è ancora l’ultimo “luogo” creativo personale che desidero tenere in vita, visto che non riesco più a scrivere. Il mio problema è che il tempo del lavoro sta invadendo sempre più il mio tempo libero, anche quello che una volta dedicavo alla scrittura e al blog. Mi ritrovo sempre più spesso a finire “da casa” un lavoro cominciato in ufficio e non concluso per riunioni, chiamate, urgenze improvvise e altro. Così la scadenza da rispettare diventa il mio compito serale o del sabato mattina. Ieri per esempio ero in ferie, ma a metà giornata ho acceso il pc per finire una pratica. E così eccoci a inizio giugno (circa). Questo post non avrà grandi contenuti in quanto lo scrivo solo per mantenere in vita il blog come detto sopra. 

Di cosa posso parlare quindi? Essere sempre concentrati sul lavoro purtroppo mi svuota la mente da altri pensieri più leggeri e questo mi provoca una certa rabbia, oltre che una dose di rassegnazione. Per ricordare le cose da fare spesso faccio delle liste, è una delle cose che riesco a rispettare, ciò che metto nella lista riesco quasi sempre a farlo. In realtà una cosa in mente ce l’ho e sono i referendum di domani, io ho le idee chiare e andrò a votare, ma tutto quello che ascolto in tv e che leggo in rete mi fa riflettere in senso negativo su cosa è diventata la nostra democrazia sempre più fragile. Ripenso a quando ho iniziato a lavorare all’età di 24 anni, era un momento in cui le tutele sul lavoro erano molto più ampie di adesso, c’era perfino la scala mobile che fu soppressa dopo qualche anno con la solita scusa di rendere più snello il mercato del lavoro e agevolare le imprese, un po’ quello che si è detto per il Jobs Act e abbiamo visto dove siamo arrivati, sempre meno tutele e più precariato. 

Quando ero molto giovane non avevo una chiara coscienza politica, anch’io pensavo di più al divertimento e alle amenità giovanili, ma lavorando ogni giorno si acquista consapevolezza e solo crescendo ho lentamente capito certi meccanismi, ho capito che la politica non è un oggetto avulso dalla nostra vita, essa entra con prepotenza nella nostra quotidianità e quel voto che decidiamo di destinare a qualcuno è importante. Certo non è detto che poi tutto funzioni come ci aspettavamo e che le promesse fatte in campagna elettorale vengano mantenute, ma poter contribuire con il mio voto lo ritengo importante, il voto ci rende cittadini e non sudditi e, visto che per ora è ancora possibile, voglio farlo. 

In fondo che mi frega, io un lavoro ce l’ho, ho tutte le tutele, sono abbastanza “vecchia” e forse riuscirò ad arrivare perfino alla pensione. Figli non ne ho e che mi frega dei giovani sempre più precari e senza tutele? Perché dovrei andare a votare a questi referendum? 

Ebbene, vado a votare perché vorrei ancora credere nella democrazia e in mondo migliore di questo che si sta prospettando. 


venerdì 23 maggio 2025

La compagnia

 

Un amico è colui che non guarda il tuo recinto rotto ma ammira i fiori del tuo giardino. Anonimo.


Alcuni giorni fa ho letto un articolo di una giornalista che parlava del suo gruppo di amici. 

Ci ritrovavamo il sabato sera alle otto nel mezzanino della stazione di Loreto della metropolitana milanese, non propriamente luogo a meno e neppure ben frequentato, ma eravamo adolescenti di città e quello scampolo urbano al neon faceva poesia. parlavamo di noi di politica dell’amore e dei sogni e del mondo che avremmo cambiato insieme, abbiamo fatto mille scoperte, siamo andati all’avventura, abbiamo imparato a guidare, a lavorare, a cavarcele a stare al mondo, la vita ci ha travolti, come spesso succede: ci sono stati matrimoni, divorzi, lavori altrove, inciampi, latitanze, litigi, rappacificazioni, oggi siamo ancora qui dritti storti appannati divertiti confusi, imperfetti e solidali come eravamo allora. Spesso ci troviamo ancora il sabato sera nelle nostre case da adulti…

 (Donna moderna numero 14 del 27 marzo 2025).

Sono stata colta da un moto di nostalgia — e, lo ammetto, anche di una certa invidia — nel vedere una compagnia così unita e solidale. Anch’io, nel corso degli anni, ho avuto le mie compagnie, ma con nessuna di esse ho mai costruito un legame tanto saldo e duraturo. C’è stata, certo, la compagnia della giovinezza: piuttosto effimera, ma intensa. Ci si ritrovava durante l’estate o nelle vacanze di Natale, perché quasi tutti studiavamo fuori: alcuni a Milano, altri a Urbino, io a Bologna, mentre qualcuno era rimasto in paese a lavorare. Le vacanze rappresentavano il nostro tempo del ritorno. Ogni sera ci si riuniva a casa di qualcuno, si chiacchierava del più e del meno, si rideva, si condividevano pensieri e sogni — come solo a vent’anni sembra possibile fare.

In realtà ho avuto due compagnie. La prima l’ho frequentata dai 18 ai 22-23 anni, proprio durante il periodo universitario. Era un gruppo che si ritrovava spesso, soprattutto d’estate, in quello che chiamavamo “il muretto” – in realtà, si trattava della base di pietra di un grande albero, all’inizio di un viale alberato dove la gente andava a passeggiare.

Il gruppo era composto per lo più da ragazzi e ragazze di “buona famiglia”: figli di medici, professori, persone ben inserite nel contesto sociale locale. C’era un certo snobismo nell’aria, una forte attenzione alle apparenze. È una mentalità molto diffusa nei piccoli paesi, dove spesso ci si sente superiori solo perché si ha una bella macchina, una laurea, o un padre impiegato piuttosto che contadino. Alcuni erano simpatici, alla mano, ma i leader del gruppo incarnavano proprio quell’atteggiamento altezzoso e un po’ provinciale. Un’estate, dopo alcuni episodi poco piacevoli, ho capito che quella compagnia non faceva più per me. Per un paio di sere ho semplicemente smesso di uscire e sono rimasta a casa. Poi, una mattina, ho incontrato per caso una ragazza più giovane che conoscevo tramite amicizie in comune. Mi chiese come stavo, e io le raccontai che si prospettava un’estate un po’ complicata: non avevo più voglia di frequentare il mio vecchio gruppo e non sapevo con chi uscire. Lei non mi chiese spiegazioni – conosceva quelle persone e intuì facilmente i motivi. Si limitò a dirmi che ogni sera si ritrovava con un gruppo di amici e mi invitò a unirmi a loro quella sera stessa. Fu così che cominciai a frequentarli con regolarità, e in breve tempo divennero la mia nuova compagnia. E sono gli amici del paese che vedo ancora adesso quando torno in puglia. 

E poi ci sono le compagnie di Bologna, nate durante gli anni dell’università. Attraverso i miei compagni di corso ho conosciuto tante persone, e per un periodo ci ritrovavamo ogni sabato sera, in gruppi anche piuttosto numerosi. Col tempo, queste uscite si sono trasformate: da grandi ritrovi si è passati a serate più intime, con gruppi ristretti.

Con il passare degli anni, però, molti di quegli amici si sono allontanati. C’è chi si è trasferito in un’altra città per lavoro, chi è stato assorbito dagli impegni familiari o professionali. Per fortuna, c’è ancora uno “zoccolo duro” di amici che continuo a vedere con una certa regolarità, anche se le occasioni per incontrarsi stanno diventando sempre più rare.

In fondo alla fine, quello che conta davvero non è quanti amici ci siano, ma chi resta. E sebbene le uscite si siano diradate, sapere che ci sono ancora persone con cui basta uno sguardo per capirsi, è un piccolo, grande conforto. Anche se le compagnie cambiano, e con il tempo le strade si dividono, credo che ogni gruppo lasci qualcosa. Alcuni legami si affievoliscono, altri resistono, ma in tutti quei momenti condivisi c’è un pezzo di chi siamo stati. E, forse, anche di chi siamo oggi.

Le amicizie cambiano, crescono o si trasformano con noi. Ma alla fine, quello che conta è avere qualcuno con cui condividere un pezzo di strada. 

E voi, come vivete le vostre amicizie? Avete costruito una compagnia solida nel tempo o vi circondate di pochi amici fidati?



sabato 3 maggio 2025

Il piacere della lettura e l’arrivo di maggio

 

Di maggio mi piace il suo alzarsi sul muretto a sbirciare l’estate. Fabrizio Caramagna 


Esiste ancora il piacere della lettura in questi tempi frenetici?

Me lo chiedo sempre più spesso, perché leggere - un tempo un gesto naturale e spontaneo - sta diventando più difficile. Eppure era una delle cose che più amavo fare. Forse è anche colpa del lavoro: sono costretta a leggere documenti pieni di normative, riferimenti giuridici, parole vuote che non mi parlano. Dopo ore di letture così sterili, trovare un’autentica piacevolezza in un romanzo o in saggio diventa per me più faticoso.

E poi c’è questo rumore di fondo costante: opinioni su opinioni, tutti parlano, pochi ascoltano.

In media leggo 40 libri l’anno, eppure a distanza di tempo mi accorgo di non ricordarne davvero nessuno - salvo quelli che, in qualche modo, hanno lasciato un segno profondo. Non sarebbe forse meglio leggere 10 libri l’anno e ricordarli tutti? 

A volte mi sorprendo a scorrere l’elenco sul blog per ricordare cosa ho letto: titoli, autori e trame che svaniscono. E mi chiedo se abbia senso leggere tanto, forse è meglio rallentare e gustarsi di più le parole e le pagine.

Il mese di Aprile é stato piuttosto frenetico, come spesso accade, per via delle numerose scadenze da rispettare. La presenza della Pasqua ha complicato ulteriormente le cose: tutte le pratiche da concludere  intorno al 20 o alla fine del mese sono state anticipate al venerdì santo. Per fortuna, dopo questa corsa contro il tempo, sono riuscita a godermi qualche giorno di ferie, tre giorni, tra Pasqua e domenica 27 aprile, approfittando di un clima instabile che, paradossalmente, ha favorito il riposo. E così, quasi senza accorgermene, siamo già a maggio. Un mese che si apre senza Papa Francesco, l’unica vera voce di pace in questi tempi oscuri. Il suo augurio pasquale alla folla, pronunciato con grande fatica, mi ha profondamente commosso: era evidente che stesse molto male. Se n’è andato il lunedì dell’Angelo, un giorno quasi simbolico. C’è stato chi ha accolto al volo l’occasione per proclamare cinque giorni di lutto nazionale, riuscendo così a far passare in secondo piano le celebrazioni del 25 aprile. Personalmente, ho trovato eccessiva questa decisione, pur provando grande affetto e stima per Papa Francesco. E voi? Non penso che lui avrebbe approvato tanta pompa né tantomeno la processione di tanti sepolcri imbiancati al suo funerale.

Comunque, io il 25 aprile l’ho festeggiato lo stesso e forse con ancora più forte consapevolezza. 

Ma tornando a parlare di libri mi rendo conto che ci sono molti titoli importanti che vorrei recuperare, ma non ve li elenco perché non so se poi davvero ci riuscirò, però c’è ancora molto da leggere. Potrei leggere meno libri concentrandomi di più su alcuni di questi che vorrei recuperare. Questi sono i buoni propositi che nascono nei momenti in cui sono più riposata e quindi più lucida, dureranno? Non lo so, per il momento ho scritto questo post, visto che in aprile ho trascurato anche il blog.

Maggio è un mese che mi ricorda molto il sabato del villaggio di Leopardi, é un mese che si prepara all’arrivo dell’estate regalando delle belle giornate di sole (almeno così dovrebbe essere ma incrocio le dita nel ricordo delle alluvioni del 2023). E quindi sperando che ci porti davvero un sorriso di primavera vi auguro buon mese di maggio. 

Cosa suscita in voi questo mese?


Fonti immagini: Pixabay 

venerdì 18 aprile 2025

Cuccuruccù

 

E gli orizzonti perduti non ritornano mai. Franco Battiato


Era una di quelle sere in cui il sonno proprio non arrivava. Sfogliando distrattamente i canali televisivi, mi imbattei in un concerto su Rai Storia: sul palco c’era Battiato. Rimasi incantata a guardarlo. Era il Battiato giovane, quello de La voce del padrone, di Bandiera Bianca e Cuccuruccù. E così, senza nemmeno accorgermene, iniziarono a riaffiorare i ricordi.

Era il 1982, un’estate intera trascorsa ad ascoltare La voce del padrone. Ogni volta che partiva una sua canzone, mi sentivo trasportata in uno stato quasi di trance, immersa in quelle atmosfere sonore così insolite e penetranti.

Ma il ricordo che mi travolse davvero non era solo legato alla musica, quanto alla sensazione di ciò che ero allora: quella percezione luminosa e vibrante di un futuro ancora tutto da scoprire, quel senso di promessa che la vita sembrava custodire in ogni suo angolo.

E così per un attimo fui presa da quel tipo di nostalgia struggente che ti prende all’improvviso. Ti si riaccende qualcosa dentro. Una risata, un pomeriggio sul divano, la voce in sottofondo mentre facevi i compiti.

Ascoltavo il concerto e osservano la scena, la televisione di qualche anno fa era diversa. Era più lenta, più ingenua forse, ma più “nostra”. Adoravo Franco Battiato, anche quelle canzoni più ermetiche e meno note. 

L'estate del 1982 era molto calda e c'erano i mondiali di calcio, forse l'unico mondiale vero che io ricordi, quell'anno l'Italia vinse e quella vittoria rimase eterna, impressa nella memoria collettiva. 

Tornando a Battiato, per anni consumai le cassette musicali delle sue canzoni, poi dopo un po' ho smesso di ascoltarlo, sono stata presa dal rock di Ligabue tanto che ho partecipato a molto suoi concerti, ma Battiato ha sempre avuto con la sua voce il potere di portarmi in certe atmosfere.

L’estate 1982 fu segnata da La voce del padrone ma anche dagli album precedenti Patriots, Pollution e L’era del cinghiale bianco. Poi seguirono L’arca di noè colonna sonora del mio ultimo anno delle superiori (insieme alla discografia di Guccini soprattutto, ma di altri cantautori come De André, De Gregori e Dalla) 

Orizzonti perduti (Album del 1983 contenente la famosa La stagione dell’amore) e Mondi lontanissimi segnarono i miei anni universitari, molto ascoltati anche dopo, nei primi anni lavorativi. Ho smesso di ascoltare Battiato con costanza per tornarci poi saltuariamente a periodi alterni. Ci sono canzoni però che ritrovo e riascolto ogni volta che cerco una connessione più intima con i miei pensieri: Prospettiva Nievski, Segnali di vita, Gente in progresso, I treni di Tozeur, L’animale, Testamento, per citarne alcune quelle che ricordo meglio e che esprimono con più forza certe mie sensazioni.

Le frasi di alcune canzoni riecheggiano nei miei pensieri, tanto che ho provato a scrivere un breve componimento: 

Passammo l’estate su una spiaggia solitaria, con il vento che scompigliava i pensieri e fuggivamo il tempo senza orari né promesse. 

Erano giorni sospesi, lontani dai sabati vuoti di questa città dove c’è gente che lavora per avere un mese all’anno di ferie, noi avevamo tutto, ma non lo sapevamo ancora. La stagione dell’amore viene va e la nostra venne piano con passi leggeri e senza fare rumore. Ci lasciò in silenzio, con la sabbia ancora addosso e gli occhi pieni di tramonti. Ora a volte torno con la mente a cercare qualcosa che ho perduto o forse mai davvero avuto. Tuttavia un rapimento mistico e sensuale mi imprigiona a te. E ti vengo a cercare, almeno nei ricordi.

Ma lo so bene, è difficile trovare l’alba dentro all’imbrunire, eppure continuo a cercarla tra le pieghe di una canzone, tra i ricordi che il tempo non riesce a cancellare. 


Ci sono personaggi che sembrano amici, persone care, parte della nostra memoria emotiva. Come se, rivedendoli, tornassimo per un attimo a chi eravamo.

E dopo avervi augurato Buona Pasqua vi chiedo: qual è quel programma o quel volto che, quando lo rivedete, vi stringe un po’ il cuore ma vi fa sorridere?


Fonti immagini: Pixabay 



domenica 30 marzo 2025

L’oro del mattino

 

Al mattino gli uccelli inventano mille canti, uno per ogni riflesso della loro gola illuminata dall’alba. (Fabrizio Caramagna)


Come dice il proverbio: il mattino ha l’oro in bocca. Mai detto fu più vero per me. Al mattino sono lucida, creativa e piena di energia: è il momento in cui nascono le idee di scrittura migliori. Purtroppo, però, questo "oro" si dissolve rapidamente, assorbito dal mio lavoro.

Quando ho una scadenza, cerco di sfruttare le prime ore del giorno: imposto e rifinisco il lavoro la sera prima, poi al mattino lo rileggo e lo concludo prima di inviarlo. Per la scrittura, dovrei fare lo stesso. Ho provato a svegliarmi ancora prima per ritagliarmi almeno mezz’ora, ma il rischio è di stancarmi inutilmente: le idee non si limitano a essere impostate, vanno sviluppate, e mezz’ora spesso non basta.

Potrei dedicarmi alla scrittura nel fine settimana, ma anche quello diventa complicato: le incombenze accumulate – pulizie, spesa e altro – reclamano il loro spazio, e poi c’è sempre qualcuno che il sabato o la domenica chiama per un saluto, trattenendomi ore al telefono.

Insomma, alla fine mi sono arresa a questa situazione. Ma, ogni tanto, ci riprovo.

Il mattino ha l'oro in bocca non è solo un proverbio, ma un invito a sfruttare al meglio le prime ore della giornata. La mente è più fresca, l'energia più alta e le possibilità infinite. Vuoi cambiare qualcosa nella tua vita? Inizia al mattino. Da quello che leggo in rete la scienza lo conferma: la nostra concentrazione è al massimo nelle prime ore dopo il risveglio. Che tu stia lavorando su un progetto, studiando o semplicemente cercando un momento per te, svegliarti presto può fare la differenza. Quindi dovrei insistere e magari lo farò.

In questo marzo dalla primavera inesistente (sembra incredibile che siano già passati tre mesi del 2025!) pieno di pioggia e con pochi sprazzi di sole mi sento piuttosto scarica. Faccio fatica a trovare il tempo per scrivere un post quindi figuriamoci per scrivere, per ora sto raccogliendo le idee (è oltre un anno che lo faccio) forse anche la mancanza di sole non aiuta, febbraio è stato piovoso, marzo pure, confidiamo in aprile. 

Forse la mattina sono più reattiva perché reduce dal riposo notturno, ma insomma sono un'allodola e nelle prime ore della giornata trovo la mia massima energia e concentrazione, è il momento in cui riesco a fare di più, a pensare con più chiarezza e a sentirmi davvero produttiva. Che sia per lavorare, allenarmi o semplicemente godermi un po' di tempo per me, il mattino è la fase migliore della giornata. Più passano le ore più mi spengo, l’unica cosa che desidero è stendermi sul divano con la copertina. Uscire di sera è sempre una grande fatica, forse perché le mie giornate iniziano presto ma se vado fuori sogno solo  il momento di tornare a casa, anche nel week end quando dovrei essere più riposata, non cambia granché insomma non sono fatta per le ore piccole, superata una certa soglia, divento insofferente. Ogni tanto questo mio modo di essere mi fa riflettere, mi chiedo se dovrei preoccuparmi, ma poi mi dico che sono fatta così e amen.

Nonostante questo marzo senza sole nelle prime ore del mattino mentre emergo dal sonno sento un forte cinguettio di passerotti, forse loro sentono la primavera anche attraverso la pioggia, è il vantaggio di abitare in una strada defilata dal traffico ma immersa nel verde. Così stamattina, mentre ascoltavo il canto degli uccelli, ho pensato che questo mese sta finendo e non ho scritto il post che pensavo, ero partita con la scrittura e con l’oro del mattino che non riesco ad afferrare e finisco per parlare della primavera che non arriva e con la mia stanchezza perenne. Avevo comunque voglia di passare di qua e farmi sentire. 

E voi? Siete più allodole o gufi?

Fonti immagini: immagine creata con chat GPT

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